E’ stato bello. E’ stato emozionante. E’ stato, soprattutto, perfetto.
Che sia chiaro: a me era passata qualsiasi voglia possibile di laurearmi. Non nel senso dell’atto in sè, ma del trascorrere la giornata della mia laurea. Le famiglie incasinate hanno questo enorme difetto: quando devono riunirsi per qualche evento formale, salta fuori tutta la merda. E’ saltata fuori, immancabilmente. E io ho passato i giorni da mercoledì a domenica con una voglia sempre minore di arrivare al momento topico. Invece poi le cose si sono sistemate, in modo più o meno positivo, nello svolgersi della giornata.
La sera prima avevo i dolori del ciclo, un accenno di raffreddore e mal di testa. E uno scazzo terribile.
La mattina non sapevo bene cosa pensare, appena sveglia. Dopo quattro ore di sonno, oltretutto.
Poi mi sono vestita truccata messa a posto e sono uscita sottobraccio alla mia donna. Ho raggiunto l’aula, dove c’era già la mia streghetta carica di sacchi con dentro varie cose. E tre girasoli.
Poi sono arrivati mamma papà fratello nonno zia ed Ele. La zia mi ha portata via e quando sono tornata l’università era tappezzata di foto mie veramente allucinanti in stato di etilismo totale o cose del genere, con a fianco commenti vari.. la Streghetta aveva iniziato a colpire. Spettacolare. Risate.
Poi siamo entrati. Ci siamo seduti. E dopo poco mi hanno chiamata. Il Giampi se ne stava lì di fronte a me. Mi ha chiamata SIGNORA [ma vedi de non portamme sfiga , a giampà]. Io sono partita con la mia presentazione powerpoint dodiciminuti, intanto sia lucia che la eli filmavano. Ho finito. Il Giampi, da buon relatore, ha fatto la presentazione della mia tesi. Innanzitutto questa tesi è davvero ammirevole per l’eccelsa qualità di scrittura. CAZZO. Puoi anche fermarti qui. Sto bene così. Questa frase non me la dimenticherò mai. Eccelsa qualità di scrittura. Porca puttana. Poi altre osservazioni e complimenti vari. Poi la lettera del correlatore. Anche lui diceva che era scritta strabene e poi ha fatto delle osservazioni davvero intelligenti. Poi si sono ritirati, sono tornati, mi sono alzata in piedi.
E il Giampi l’ha detto. Sì perchè oltre che mio relatore era anche il presidente della Commissione. Signora [eccheccazzo ancora!?!?] FR, la commissione ha accettato la sua domanda di laurea e ha valutato la sua tesi con il massimo dei punti. La dichiaro pertanto dottoressa in comunicazione interculturale e multimediale con una valutazione di 110 su 110.
110.
Gli stringo la mano. E da quel momento non capisco più niente.
E’ finita. E’ finita. Sono talmente stordita che quasi mi dimentico di stringere la mano a tutti gli altri membri della commissione. Applaudono ma io neanche lo sento, me l’hanno detto dopo che c’è stato un applauso prolungato. E’ finita fiorè.
Ho pensato di scrivere un libro, ultimamente.
Vorrei iniziarlo con l’immagine di me sul minuetto che mi riporta a Biella dopo essere stata a Torino, alla stazione, il 2 dicembre. Qualcosa del tipo:
“Pensa almeno che se fosse stato uno di quei regionali degli anni Settanta sarebbe stato molto peggio. I cessi lì sono minuscoli e orribili. Quelli del minuetto almeno hanno una parvenza di pulizia. Che poi c’era quel servizio delle Iene che faceva vedere che spesso sono più puliti i cessi dei sedili, sui treni italiani… Ma a che cazzo sto pensando?”. F solleva la testa, stacca la mano dal muro sovrastante il water, il suo punto d’appoggio per quel minuto e mezzo di conati e lacrime. Si gira verso il lavandino e si sciacqua la bocca. Non ha neanche un chewing-gum per levarsi quel gusto di vomito che conosce così bene.
Poi alza la testa e si guarda allo specchio. E’ di carnagione chiarissima e il suo viso è sempre pallido, ma il tono biancastro che vede riflesso è quello tipico di quando ha appena vomitato. Gli occhi sono ancora lucidi di lacrime e semichiusi. Le piacerebbe scattare una fotografia, per avere sempre quell’immagine a ricordarle, in futuro, cosa non vuole provare mai più. Appoggia entrambe le mani sul lavabo, si fissa con lo sguardo stravolto e si dice:
“Senti, tu mi hai rotto veramente le scatole. Non voglio sentire ragioni. TU AD APRILE TI LAUREI. Hai capito? Non accampare scuse sul periodo orribile che stai passando. Ad aprile tu sarai dottoressa. Intesi? Devi e puoi. E se non lo vuoi, impara a volerlo con ogni fibra del tuo corpo.”
Perchè è così che è andata, quel giorno. E sarebbe bello scriverlo. Farlo sapere a tutto il mondo, che sono riuscita a mantenere fede alla parola che ho dato a me stessa. Mi sono laureata. Non dirò che non mi sono lasciata corrodere da tutta la merda che mi è volata addosso. Perchè sono corrosa, in qualche modo. Mangiucchiata. Lo sono stata. Ma sono stata più forte. In un certo senso.
Per questo io non capivo più niente, in quel momento e fino a che non ci siamo seduti al locale per l’aperitivo. Perchè è finita e io ce l’ho fatta. Ho dimostrato qualcosa a me stessa e lo faccio raramente.
Ulteriori dettagli in seguito. Adesso ho una Eos 450D che aspetta di essere consumata a forza di scatti.
just because I’m losing, doesn’t mean I’m lost.
(Lost . coldplay)